Il piccolo dittatore
O mangiamo questa minestra o saltiamo dalla finestra

Matteo Renzi è oramai sicuro di avere l’accordo in tasca sulle riforme dopo aver trovato un sofferto accordo sul Senato con Forza Italia. Inutile discutere delle anticipazioni più o meno ufficiali che traspariscono dai canali d’informazione: avremo tutto il tempo per una analisi accurata quando sarà presentato il testo completo della riforma. Intanto è certo che l’intesa fra Renzi e Berlusconi ha retto anche davanti al tentativo di inserimento di Grillo, il quale con l’attacco a “l’Unità”, ha perso ogni residuo appeal a sinistra. A proposito e per inciso: siamo solidali con i colleghi de “l’Unità”, dispiaciuti e molto che quel giornale possa interrompere le pubblicazioni, anche se solo per un breve periodo, ma Grillo ha qualche ragione di acrimonia, visto che “l’Unità” ha riesumato persino i canti dei battaglioni ss per spiegare il significato delle sue parole. Chiusa parentesi, il dato politico è che Renzi resta saldo. Non solo la maggioranza tiene, ma riceve persino i voti di parte di Sel che semmai potrebbe sfasciarsi al suo posto. Berlusconi ancora ben in gioco, ha persino aggiunto carne al fuoco, invitando il Pd a compiere una scelta presidenzialista. Sappiamo benissimo che il tema della riforma presidenziale è cara a Forza Italia e pure mai quel partito ha pensato di poterla proporre fino in fondo. Persino al tempo della riforma elaborata dal centrodestra nel 2003, nessuno pose la questione, limitandosi al rafforzamento dei poteri del premier con il voto di sfiducia costruttiva. Singolare che ora proprio quando Berlusconi non sembra avere nemmeno più la possibilità di concorrere all’elezione diretta del presidente della Repubblica, escludiamo serenamente che possa mai più vincerla, invece, la si proponga. Se c’è qualcuno che avrebbe tutto l’interesse ad una forma presidenziale dello Stato è Renzi. Stando ai risultati delle ultime europee, il premier non avrebbe quasi concorrenti. Ciononostante, così come Berlusconi l’ha promossa, Renzi l’ha bocciata giudicandola prematura ed intempestiva. A guardare meglio, se non fosse per il ruolo esercitato da Giorgio Napolitano, siamo già avvitati in una formula presidenziale della vita nazionale. Il capo del governo entra in attrito con tutti i corpi intermedi dello Stato , si tratti di sindacati, magistrati, imprenditori, o giornalisti. Sottomette il suo partito. Detta un’agenda extraparlamentare che impone con il voto di fiducia. E per finire usa anche un linguaggio. “mangia la minestra o salta dalla finestra”, che rasenta il dominio assoluto. Cosa manca ancora a Renzi per essere il capo di una repubblica presidenziale? I poteri di grazia, sicuramente. Divenisse presidente eletto ne disporrebbe generosamente e probabilmente con la dovuta riconoscenza verso chi gli ha spianato la strada di questo formidabile successo.

Roma, 19 giugno 2014